Ebbene, quest’anno mi ha letteralmente proibito di cercare fuori, lontano, qualsiasi cosa. E nel momento in cui ho accettato questa condizione, perché necessaria, la mia testa insoddisfatta ha taciuto.
Ha taciuto.
Finalmente.
Niente più sensi di colpa, niente più sensazioni di non fare abbastanza, di non uscire abbastanza, di non muovermi abbastanza. Mi sono fermata, ho trovato silenzio, e piano piano il mio centro è cambiato.
Non era più un centro lontano, che cercavo chissà dove pur avendo già ben presente dove fosse – dato che parecchi anni fa, completamente priva di istinto di viaggiare e di cercare percorsi lontani e particolari, avevo già vissuto in quel luminoso stato di ricchezza perenne, e il ricordo mi creava nostalgia. Era, ed è, e sarà sempre un centro che avevo bisogno di ritrovare dentro, nell’immobilità e nell’impossibilità di posare gli occhi in un luogo che non fossi soltanto io.
E così, poco a poco, mi sono ritrovata. Poco a poco ho ritrovato il mio centro, e più mi ci sono ancorata, più ho ricominciato a vedere e a sentire le cose, come se fossero – e lo sono – illuminate.
Ora mi ritrovo, al termine di questo anno, veramente ricca. Ricca di una ricchezza completamente diversa di quella che viene dal denaro.
E anche se sono stanca, disillusa nei confronti della maggior parte degli esseri umani, e anche se ho tagliato davvero molti rami, alcuni secchi e già morti da tempo, alcuni invece ancora verdi, mi sento più piena e colma di frutti di prima.
Questo anno mi ha restituita a me stessa, mi ha permesso di riposare in me stessa, e a differenza dei più, io lo benedico.