venerdì 4 febbraio 2022

Il bagno di Melusina. Il sabato della femmina selvaggia

Le mie letture
Il bagno di Melusina
Il sabato della femmina selvaggia


Nella storia di Melusina, uno dei particolari più importanti ed emblematici riguarda il giorno in cui la dama si apparta, sparisce dalla corte, evita la compagnia, e si reca in un luogo che nessuno ha mai visto né deve conoscere.
Questo luogo è una stanza con una grande vasca, dove la fata assume finalmente le sue sembianze di donna serpente, e fa il bagno.
Il particolare momento è descritto quando Melusina viene tradita da Raimondo, che, indotto dalle invidie del fratello, che instilla in lui il dubbio che la moglie lo tradisca, infrange il giuramento di non cercarla né vederla durante il sabato.

Raimondo, ferito di collera e gelosia (…) si recò nel posto dove sapeva che Melusina andava ogni sabato. Si trovò di fronte a una porta di ferro spessa e robusta, non era mai stato in quel posto. Estrasse la spada e tanto fece che riuscì ad aprire un pertugio, guardandovi dentro. Vide Melusina dentro una grande vasca di marmo con dei gradini che vi scendevano. La vasca aveva un perimetro di quindici piedi e tutto intorno vi erano delle corsie di cinque piedi di larghezza. Melusina stava nella vasca immersa fino all’ombelico con aspetto di donna mentre si pettinava i capelli, ma dall’ombelico in giù aveva forma di serpente e sbatteva l’acqua con tale forza che gli spruzzi salivano fino al soffitto. Raimondo provò un tuffo al cuore che nessun altro avrebbe potuto sopportare.
‘Ah, amore mio – disse – vi ho tradito per vile esortazione di mio fratello e così ho mancato al mio voto di fiducia.’


In realtà, Melusina resta accanto a Raimondo ancora per qualche tempo. Lui serba il segreto di averla spiata, e lei, pur sapendolo, non proferisce parola.
Tuttavia sarà nel momento in cui Raimondo rinfaccerà a Melusina di essere un “falso serpente” che ha partorito solo dei figli sciagurati, e lo farà davanti a tutti, che lei non potrà più fare altro che andarsene, volando via da un’alta finestra in forma di grossa serpe alata. La descrizione del suo addio è molto triste.

Ciò che colpisce di più è la descrizione di Melusina, quando durante il suo bagno, sbatte l’acqua della vasca con la sua coda di serpente con tale forza da farla schizzare fino al soffitto. Il suo potere selvaggio è incontenibile, e si scatena – perché necessita di essere lasciato libero di manifestarsi in tutta la sua forza – quando lei è sola, libera, durante quell’unico giorno della settimana che le è concesso, e che forse le è necessario perché sopravviva in veste umana.
Questo è il giorno in cui la donna riprende la sua natura divina originaria, selvatica, incontenibile, indomabile; si radica nuovamente in essa, e solo in un secondo momento è pronta a tornare alla sua vita umana, alla corte delle genti comuni.

Prendendo il mito di Melusina non come semplice leggenda, ma come racconto di potere – un racconto simbolico ma potenzialmente realizzabile qui e ora, nella nostra vita attuale – dovremmo chiederci se ci concediamo abbastanza “sabati” per appartarci, sparire dalle corti, evitare le compagnie e lasciar libera di manifestarsi la nostra parte più nascosta, selvaggia e vicina al divino.
Questo non significa per forza fare un bagno sbattendo le gambe nell’acqua e facendola schizzare fino al soffitto – a meno che non si necessiti proprio di questo – ma vivere e lasciar uscire la nostra natura più pura e profonda, qualunque essa sia.
La donna ha necessità di vivere il proprio giorno. Che si tratti del sabato, del giovedì – giorni tradizionalmente associati alle streghe – o di qualsiasi altro giorno non ha alcuna importanza; ciò che importa è che se li conceda, sempre.
Nello specifico, non dovrebbero mai esistere relazioni nelle quali l’uomo non comprende o non permetta alla donna di passare del tempo sola con se stessa, senza rendere conto, a lui come a chiunque altro – di ciò che fa o non fa.
La donna stessa non dovrebbe mai accettare questi compromessi, perché a perdere è sempre e soltanto lei.
Non solo, a volte un giorno solo non basta, ce ne vogliono molti, o periodi interi in cui la donna resta sola con la propria stessa natura selvaggia, e impara a viverla pienamente, senza essere disturbata, senza distrazioni o intrusioni. In questo modo può conoscere se stessa e le sue potenzialità divine, sempre di più, così da trasformarsi, prendere coscienza di quei frammenti ferini che le sono propri, lavarsi via di dosso regole, abitudini e doveri imposti dal mondo comune, per poi tornarvi nuovamente, più bella e integra di prima.

Sono necessità sacre e imprescindibili, e dovremmo sempre chiederci:
Ci concediamo abbastanza “sabati” nei quali tornare ad essere indomite serpentesse?
Se la risposta è no, questo è il momento di cominciare a farlo, e di essere generose con noi stesse, concedendoci settimane intere se serve, perché la nostra natura selvaggia ne ha bisogno, e lei viene prima di tutto il resto.

E nel caso in cui si viva una relazione col maschile:
Permettiamo – noi – all’uomo di limitarci in questa sacra necessità, o di tradirla ripetutamente?
Se la risposta è sì, è ora di cambiare e di ristabilire le nostre regole.
È ora di riprendere il nostro spazio, di allargarne i confini – per stare più comode – senza permettere che vengano oltrepassati, e quindi di ritrovare, ogni volta possibile, la preziosa opportunità di stare sole,
a dialogare con il serpente,
e a giocare con il nostro sacro potere.

***

Il brano citato è tratto da Jean d’Arras, La leggenda della fata Melusina. Storie del castello di Lusignano, a cura di Vittorio Fincati, Edizioni Studio Tesi, Roma, 2020, pag. 143.

Illustrazione di Ixel

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