Si dice che chi semina vento raccolga tempesta.
Io sono figlia della tempesta, di chi per troppe volte ha seminato vento.
E non posso essere diversa da come sono. Non posso mutare né estirpare ciò che è nato dentro di me, spontaneamente, coltivato da mani non mie. Non fino a quando ogni rovescio di pioggia abbia cessato di cadere, e ogni tuono sterminatore abbia smesso di annientare, e ogni soffio di uragano abbia finito di piegare e sradicare.
E questa volta la tempesta durerà a lungo.
Mi sono chiesta in che modo una donna che cerca di essere datrice di sacro, che prova a portare luce e bellezza, possa continuare a farlo quando è immersa a tal punto nel buio da non vedere la punta delle proprie dita. Non può farlo. Se è sincera, e vera, e fedele a se stessa, non può forzare o mentire. Può solo accettare ciò che accade, fermarsi, accogliere l’oscurità e lasciare che sia.
Può solo aspettare che la tempesta passi, anche quando la tempesta ce l’ha dentro. E viverla, fino in fondo, sperando di non esserne annientata lei stessa.
Del resto, negare il lato oscuro, ridurlo al silenzio, provarne colpa o vergogna, non solo fa ancora più male, ma non risolve nulla.
Che parli, dunque, l’oscurità,
con parole taglienti e nere.
È la sua natura, e nulla può cambiarla.
***
E se la bellezza della luce ferisce i miei occhi abituati al buio,
vorrà dire che cercherò la bellezza nel buio.
Di un velo nero mi copro il volto,
in muta solitudine,
e mi immergo nella mia oscurità.
Eppure
cerco la stella,
nonostante tutto.
Sempre che ancora meriti di trovarla.