lunedì 4 marzo 2024

Spiritualità e onestà radicale

Qualsiasi tentativo di essere una “persona spirituale” comportandosi e parlando in un certo modo, indossando certi tipi di vestiti, seguendo una certa dieta, ecc. risponde semplicemente al sé concettuale che tenta di sostenere una desiderata immagine di sé. Quando tutte le immagini di sé svaniscono, inclusa l’immagine di sé “spirituale”, ciò che rimane in realtà è l’ignoto.

È dall’ignoto del momento presente che nasce l’espressione allineata. Quindi, per sapere cosa è veramente vero per te in ogni dato momento devi prima essere pienamente presente. Sono necessari discernimento e onestà radicale, anche perché il sé concettuale può avere metodi subdoli per giustificare in modo convincente comportamenti distorti. In definitiva, solo tu sai cosa è veramente vero per te in un dato momento e assumerti la piena responsabilità di quella conoscenza è di per sé parte del processo di maturazione sul sentiero spirituale.

Louise Kay

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Abbraccio ogni singola parola di Louise Kay, e spero che possa essere utile, e che magari stimoli qualche riflessione, soprattutto in ambienti in cui “comportarsi in un certo modo”, “indossare certi tipi di vestiti”, magari “seguire una certa dieta”, e aggiungo, identificarsi in ruoli senza rispondere intimamente al loro reale significato, è diventato sinonimo di “persone spirituali”. A parer mio, e non solo mio, non è così.
Credo che la spiritualità reale giunga solo quando tutto questo crolla miseramente, lasciando nel buio, nel vuoto, nell’ignoto. Nude e disorientate, immerse nella sensazione di non essere più nulla.
Eppure lì, soltanto lì, se non ci si arrende, e se non si cede alla tentazione di creare una nuova maschera – ovvero un nuovo travestimento, per quanto verosimile, che ci illuda di essere ancora “persone spirituali” – a un certo punto qualcosa succede.
Una piccola luce si accende, o forse era sempre stata lì, calda e brillante, ma eravamo troppo impegnate a cercare di dimostrare a noi stesse e al mondo ciò che volevamo essere per vederla.
Eppure, quella luce è vera.
Fosse anche l’unica cosa che resta di noi, scalda, rincuora, ed è vera.
È allora, e solo allora, che la piccola luce, che piccola non è, diventa tutto.
È allora che scopriamo di non avere bisogno di altro che di quella luce, per essere ciò che siamo veramente.
Perché essa è spirito,
e se la nostra vocazione era sincera,
altro non è se non ciò che abbiamo sempre cercato.
Allora ci ritroviamo a sorridere, perché è quando diventiamo realmente “persone spirituali”,
che non ci importa più di esserlo,
né tantomeno di dichiararlo a noi stesse e al mondo.

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Mi soffermo ancora qualche attimo sulle parole che brillano fra le altre. Onestà radicale. Quale straordinario suggerimento per realizzare questa ardua missione.
L’onestà radicale è ascolto privato dalle interferenze, è indagine interiore, profonda e incondizionata, è lucido discernimento, è integrità e responsabilità, verso noi stesse, molto prima che verso gli altri.
Ed è ciò che spinge a eradicare tutto ciò che non ci appartiene veramente, a rinunciare a ciò che, allontanando dalla propria limpida verità interiore, ci distorce e inganna.
Essere radicalmente oneste, soprattutto, offre un dono inestimabile. Ci porta, prima o poi, a guardare nello specchio dell’anima, e a riconoscere consapevolmente ciò che riflette.

Una piccola luce accesa, che era sempre stata lì.
E che, fosse anche l’unica cosa che resta di noi, è vera.
Fotografia di autrice o autore sconosciuta/o