Le mie letture
Maria Sabina, la Sciamana dei Funghi Allucinogeni
Maria Sabina, sciamana messicana che faceva uso rituale di funghi Psilocybe e che grazie ad essi ha guarito molte persone, ha catturato la mia attenzione diversi anni fa, attraverso la lettura di un libro sullo sciamanesimo femminile. L’ho ritrovata del tutto inaspettatamente pochi giorni fa, grazie a un’illustrazione di Katy Horan, e mi sono subito procurata il libro nato dalle interviste svolte a lei nel corso di un anno. L’ho letto in due giorni, rigorosamente di notte – momento in cui, secondo la tradizione mazateca, vanno assunti in modo sacro i ninos santos, i “bambini sacri”, i funghetti Psilocybe – e di nuovo ne sono rimasta profondamente colpita, dritta al cuore.
La sua tradizione è caratterizzata da un sincretismo religioso che comporta l’unione di riti e credenze precristiane e cristiane, eppure Maria Sabina mantiene una purezza tutta sua e una vicinanza alla vera tradizione sciamanica del luogo.
Quando leggo questi libri ne divento molto gelosa, perché anche se non sono “miei” li sento parte del mio cammino più profondo: li trovo da sola, seguendo le mie vie sottili, seguendo il mio “cervo bianco” che mi conduce lungo il sentiero che a me sola appartiene.
Però mi fa anche piacere condividere qualcosa, pertanto ecco qualche brano incantevole, scaturito dalla sua voce.
Grazie a Maria Sabina, e grazie a ciò che la Grande Madre produce e mette a disposizione di quei pochi che possono andare oltre la propria sola condizione umana, per abbracciare veramente la divinità, in qualsiasi forma la si voglia intendere.
***
“(…) si può ereditare il colore della pelle o degli occhi, il modo di piangere o di sorridere, ma con la Saggezza non si può fare altrettanto. La Saggezza non si eredita. La Saggezza si possiede dalla nascita. La mia Saggezza non la posso insegnare.”
“Una Sabia [saggia] come me non deve farsi pagare per i suoi servigi. Non deve guadagnare soldi con la sua saggezza. Chi si fa pagare è un lestofante. Il “Sabio” è nato per curare e non per fare commercio del suo sapere… Si accettano umilmente due o tre pesos che ci vengono messi in mano, questo sì… ma non si deve far commercio con le piccole cose…”
[le “piccole cose” sono i funghetti, ma la Sabia intende che non si deve far commercio con il sacro, in generale]
“Dopo aver mangiato i funghi, la nostra testa girava come se fossimo un po’ ubriache e ci mettemmo a piangere; ma poi il senso di vertigine passò e ci sentimmo molto felici. Più tardi ci sentimmo bene.
Fu come un nuovo impulso alla nostra vita. (…) E non solo sentivamo lo stomaco pieno, ma anche lo spirito contento. (…)
Più tardi ho saputo che i funghi erano come Dio. Che davano saggezza, che guarivano le malattie, e che la nostra gente li mangiava da tantissimo tempo.
(…)
I funghi mi danno il potere della contemplazione universale. Posso vederla sin dall’origine, e posso arrivare fin dove nasce il mondo.
(…)
Io sono colei che parla con Dio (…). Ero già Saggia nel ventre di mia madre e dico che sono la donna dei venti, dell’acqua, dei sentieri, perché sono conosciuta nei cieli, perché sono la donna-dottore.
(…)
Nelle veglie sento che [i funghi] mi dicono che sono la piccola donna acquatica (…), che sono la donna d’acqua-che-scorre. Ed è vero, per questo sono umile, ma sono anche la donna che si innalza.”
Maria Sabina
Grazie a chi ha reso possibile, nel tempo e nello spazio, di poter attingere a questa antica conoscenza attraverso le parole di Maria Sabina, la Sciamana messicana dei funghi.
Le citazioni sono tratte da Alvaro Estrada, “Vita di Maria Sabina. La Sciamana dei funghi allucinogeni”, rieditato nel 2019 dalla Libreria Editrice Ossidiane.
Una versione scannerizzata della prima edizione italiana del libro è accessibile qui:
Maria Sabina
domenica 11 ottobre 2020
Al di là del Velo
La Discesa è cominciata, ed è palpabile già da diversi giorni. Lungo questo sentiero discendente la natura sprofonda dolcemente nel suo sonno rigenerante, e noi ci immergiamo dentro le sue profondità, e le nostre.
La soglia ombrosa della grotta è aperta. Sulla sua cima una antica Sheela na Gig sorride, trattenendo aperte le labbra della sua vulva così che possiamo accedere al suo grembo, e abbandonarci alla beatitudine nel calore avvolgente del suo liquido amniotico.
E mentre noi ritroviamo l’origine di noi stesse, fuori le foglie si fanno scarlatte, brune e dorate, e mosse dal vento si staccano e cadono a terra.
La terra accogliente e materna, ciò a cui tutte e tutti possiamo tornare in qualsiasi momento, se solo ci concediamo il tempo di lasciarci andare, così che lei sia lì, pronta a sostenerci e abbracciarci.
Il tempo in cui le tele dei ragni, che volano nell’aria fredda e si posano sui campi e sui rami degli alberi, si avvicina. È forse fatto proprio di tela di ragno, il velo sottile e impalpabile che separa i due mondi?
Il corvo nero si posa accanto ad esso, e gracchia tre volte.
“Hai il coraggio di passare, e di vedere la mia vera natura, e la tua?”
Al di là del velo, si intravede una creatura simile.
Gracchia tre volte, ma le sue piume sono bianche come il latte.
Ciò che è nero, al di là è bianco.
Ciò che è tangibile, al di là è impalpabile.
Ciò che è pesante, al di là è leggero.
Ciò che cade… al di là vola.
La soglia ombrosa della grotta è aperta. Sulla sua cima una antica Sheela na Gig sorride, trattenendo aperte le labbra della sua vulva così che possiamo accedere al suo grembo, e abbandonarci alla beatitudine nel calore avvolgente del suo liquido amniotico.
E mentre noi ritroviamo l’origine di noi stesse, fuori le foglie si fanno scarlatte, brune e dorate, e mosse dal vento si staccano e cadono a terra.
La terra accogliente e materna, ciò a cui tutte e tutti possiamo tornare in qualsiasi momento, se solo ci concediamo il tempo di lasciarci andare, così che lei sia lì, pronta a sostenerci e abbracciarci.
Il tempo in cui le tele dei ragni, che volano nell’aria fredda e si posano sui campi e sui rami degli alberi, si avvicina. È forse fatto proprio di tela di ragno, il velo sottile e impalpabile che separa i due mondi?
Il corvo nero si posa accanto ad esso, e gracchia tre volte.
“Hai il coraggio di passare, e di vedere la mia vera natura, e la tua?”
Al di là del velo, si intravede una creatura simile.
Gracchia tre volte, ma le sue piume sono bianche come il latte.
Ciò che è nero, al di là è bianco.
Ciò che è tangibile, al di là è impalpabile.
Ciò che è pesante, al di là è leggero.
Ciò che cade… al di là vola.
sabato 10 ottobre 2020
Sacerdotessa del mio Tempio
Ripenso ai miei primi passi lungo il sentiero della Grande Madre, quando ancora non sapevo quali direzioni avrebbe preso la mia strada e cosa la mia anima avrebbe scelto di ascoltare e seguire, e mi rendo conto di una cosa su cui ho sempre evitato accuratamente di soffermarmi. Forse perché non mi sentivo degna di pensarlo.
Ma ho bisogno di farlo, e lo faccio adesso.
La prima cosa che ho sentito la necessità di fare quando ho iniziato a cercare, e a camminare, e a sentire il richiamo verso le vie antiche, come se non potessi percorrere alcun sentiero senza compiere questo passo, è stato creare il mio Tempio della Ninfa. Poteva sembrare un semplice sito virtuale, eppure per me, e per pochi altri, era molto di più. È, molto di più.
È sempre stato il tempio che non potevo creare con pietre e cemento, un luogo impalpabile che pur tuttavia esiste, e che mantengo vivo, da allora, ogni giorno, da più di diciassette anni. La fiamma ardente che respira al suo interno sin dall’inizio non si è mai spenta, anche quando è scomparso per qualche tempo, per poi ricomparire.
In questo tempio, e qui soltanto, sono la sacerdotessa che veglia, giorno e notte.
Sono la sacerdotessa che preserva il fuoco, che mantiene l’armonia, che cerca le parole e le storie giuste, la tramite perché questa saggezza antica possa essere trasmessa, e conosciuta ancora oggi.
Non sono la Ninfa del Tempio, come qualcuno può aver pensato, e questo non l’ho mai rivelato a nessuno.
Il Tempio della Ninfa è un tempio in cui la Ninfa è l’anima divina della natura e della casa, è la Dea arcaica, è Madre, Sorella e Figlia, Vecchia saggia ed eterna Bambina.
E io sono colei che la cerca, la serve, la onora con Amore assoluto.
Per questo nel Tempio della Ninfa entra solo ciò che è bellezza, in tutte le sue accezioni, ovvero in ciò che è luce e in ciò che è buio.
Questo è il mio tempio, nel quale sin dal principio non ho mancato un giorno di vegliare, di servire, di stare, ovvero di essere presenza viva.
E così sarà sempre, fino a quando le sue mura intoccabili potranno resistere al progresso, che demolisce l’antico in favore di un nuovo che pur tuttavia è già vecchio.
E anche quando queste mura invisibili cederanno, non avrò pace fino a quando le avrò ricostruite, così che il Tempio possa continuare a vivere, ad offrire luce e antiche parole, memorie di antichi riti e vera magia, e ad essere accessibile ovunque vi sia chi lo cerca e, forse, lo riconosce.
E forse un giorno vi saranno mura di pietre e cemento, un fuoco scoppiettante, e racconti narrati da voce e respiro. Forse un giorno, il Tempio della Ninfa vivrà anche nella materia.
E io sono e sarò sempre lì, sono e sarò sempre sua sacerdotessa.
La sua fiamma, e la mia, non si spegneranno mai.
Il Tempio della Ninfa
Ma ho bisogno di farlo, e lo faccio adesso.
La prima cosa che ho sentito la necessità di fare quando ho iniziato a cercare, e a camminare, e a sentire il richiamo verso le vie antiche, come se non potessi percorrere alcun sentiero senza compiere questo passo, è stato creare il mio Tempio della Ninfa. Poteva sembrare un semplice sito virtuale, eppure per me, e per pochi altri, era molto di più. È, molto di più.
È sempre stato il tempio che non potevo creare con pietre e cemento, un luogo impalpabile che pur tuttavia esiste, e che mantengo vivo, da allora, ogni giorno, da più di diciassette anni. La fiamma ardente che respira al suo interno sin dall’inizio non si è mai spenta, anche quando è scomparso per qualche tempo, per poi ricomparire.
In questo tempio, e qui soltanto, sono la sacerdotessa che veglia, giorno e notte.
Sono la sacerdotessa che preserva il fuoco, che mantiene l’armonia, che cerca le parole e le storie giuste, la tramite perché questa saggezza antica possa essere trasmessa, e conosciuta ancora oggi.
Non sono la Ninfa del Tempio, come qualcuno può aver pensato, e questo non l’ho mai rivelato a nessuno.
Il Tempio della Ninfa è un tempio in cui la Ninfa è l’anima divina della natura e della casa, è la Dea arcaica, è Madre, Sorella e Figlia, Vecchia saggia ed eterna Bambina.
E io sono colei che la cerca, la serve, la onora con Amore assoluto.
Per questo nel Tempio della Ninfa entra solo ciò che è bellezza, in tutte le sue accezioni, ovvero in ciò che è luce e in ciò che è buio.
Questo è il mio tempio, nel quale sin dal principio non ho mancato un giorno di vegliare, di servire, di stare, ovvero di essere presenza viva.
E così sarà sempre, fino a quando le sue mura intoccabili potranno resistere al progresso, che demolisce l’antico in favore di un nuovo che pur tuttavia è già vecchio.
E anche quando queste mura invisibili cederanno, non avrò pace fino a quando le avrò ricostruite, così che il Tempio possa continuare a vivere, ad offrire luce e antiche parole, memorie di antichi riti e vera magia, e ad essere accessibile ovunque vi sia chi lo cerca e, forse, lo riconosce.
E forse un giorno vi saranno mura di pietre e cemento, un fuoco scoppiettante, e racconti narrati da voce e respiro. Forse un giorno, il Tempio della Ninfa vivrà anche nella materia.
E io sono e sarò sempre lì, sono e sarò sempre sua sacerdotessa.
La sua fiamma, e la mia, non si spegneranno mai.
Il Tempio della Ninfa
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