In diverse culture antiche il concetto di bellezza era infatti molto diverso da quello che noi intendiamo oggi. Non bastava che qualche cosa fosse bella da vedere, doveva anche essere bella dentro. Per questo si usavano parole che avevano il senso di “bello e buono”.
Per gli antichi greci questa bellezza si esprimeva con le parole kalòs e kagathòs – unione di kai e agathòs – che possono tradursi proprio con bello – kalòs – e buono – kagathòs. La bellezza delle forme doveva essere completata da una morale nobile, da un’anima buona, dunque da una predisposizione naturale – ma sempre allenata – a fare e dare ciò che è buono. Questo ideale non equivale a quello del buonismo moderno, ma è più vicino a ciò che si prova quando si osserva e si assaggia il pane appena sfornato, o si ascolta un canto melodioso. Bello e buono, nutriente, incantevole, che dona gioia e beneficio. Che oltre ad essere bello, fa del bene.
La parola agathòs richiama infatti significati quali benefico, fonte di bene, fortunato, propizio, nobile, valoroso.
Simile è la bellissima parola egizia nefer, ricordata in molti nomi di donne e regine egizie. Il significato di nefer, molto più complesso di quello della parola an, che indicava un concetto di bellezza più legato all’aspetto delle cose, e che significa “ornato, decorato”, “non indicava solo la bellezza estetica, ma anche la perfezione e l’equilibrio” (1). Si può infatti tradurre esattamente con “bella e buona”, e il suo geroglifico appare come un piccolo liuto, strumento musicale che produce una musica dolce e amabile. Chi ascolta il suo suono non può che pensare a quanto piacevole sia ascoltarlo. A quanto sia bello e buono.
Tornando ai greci, elargitrice di una bellezza simile era naturalmente la loro dea più bella, Afrodite nata dal mare, che “aveva come suo principale attributo quello di possedere e saper generosamente donare la xaris, parola greca che significa insieme dolcezza, bellezza, amabilità, armonia, piacevolezza, grazia (…)” derivata dal verbo xairo, “rallegrare, dare gioia.” (2)
Una bellezza anche buona, dunque, perché portatrice di grande beneficio, una bellezza che “fa del bene” ovunque sia presente, quindi viva, piena in se stessa, radiante.
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Questo è il tipo di bellezza che si incontra sempre più spesso quando si percorre la via della Grande Madre, perché aprendosi alle sue manifestazioni più pure e ai suoi mille aspetti di bellezza, non si può fare a meno di sentire quanto questi siano kalòs e kagathos, belli e buoni, e quanto la stessa bellezza sia presente anche nella parte più nascosta di noi stesse.
Trovarla, contemplarla, accrescerla attraverso pensieri e azioni belle e buone, rende sempre più belle nel senso antico del termine. Rende nefer, piacevoli, amabili – ognuna nelle sue innate peculiarità – quanto il suono lontano di un liuto, che vibra le sue corde sotto il cielo stellato.
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1. Citazioni da Massimiliana Pozzi Battaglia e Federica Scatena, Regine, dee e donne nell’antico Egitto, pag. 33.
2. Citazioni da Leda Bearné, Le Vergini arcaiche, pagg. 85, 95.
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