venerdì 1 maggio 2020

Società antiche e cerchie moderne

Nell’antica Società delle Donne Nootka esisteva una tradizione. Le donne usavano riunirsi in cerchio e raccontare, parlare, ridere, scambiarsi coccole e dolci parole, condividendo ciò che di importante accadeva nelle loro vite. Quando una donna arrivava nel cerchio portando la propria preoccupazione, i propri dubbi, la propria tristezza, le compagne la ascoltavano e la consigliavano, se avevano vissuto qualcosa di simile, le dicevano cosa avevano fatto, o non fatto, o cosa avrebbero dovuto fare in quella situazione, offrendo alla compagna consigli per risolvere il proprio problema.
Così lei poteva agire, risolversi e rientrare nella propria armonia.
Quando però una donna si ripresentava al cerchio con lo stesso problema per più di tre volte, o portava ripetutamente disarmonia, le altre donne si alzavano in piedi, si allontanavano e riformavano il cerchio distanti da lei, dicendole di risolvere il proprio cruccio, poiché aveva già ricevuto abbastanza tempo e comprensione dalle altre, ed era giunto il momento di risolversi da sola. E quando lei ci fosse riuscita, sarebbe stata riaccolta dalle altre donne, nel cerchio.

Ho sempre amato questa storia, e l’ho sempre trovata estremamente giusta, come giuste sono tutte le altre tradizioni di saggezza delle antiche matriarche.
Però è una storia che appartiene al proprio tempo, mentre oggi credo che non sia possibile, o comunque che sia molto difficile, attuarla. Al contrario, continuo ad assistere alla sua perfetta sovversione.
Moltissimi cerchi di donne moderni non hanno le radici affondate nella terra. Molti sono improvvisati, basati su valori incerti o assenti, chiunque è ammessa – anticamente non era così, bisognava dimostrare di essere adatte a farne parte – e chiunque può guidarli. Spesso chi li guida e ne fa parte sono donne normali, che vivono una vita normale, che non hanno mai vinto il proprio ego, che non hanno mai conosciuto la dimensione dell’infinito, che non sono capaci di distaccarsi dal proprio filo del destino per innalzarsi al di sopra di esso e provare a scorgere una parte più estesa dell’intricata e armoniosa trama, che non si sono accostate alla saggezza, anche se credono di essere già arrivate, di aver già terminato il proprio cammino, di poter insegnare alle altre e di poter giudicare chi non è in accordo con loro.
Inoltre a seconda di ciò che accade all’esterno, questi cerchi vacillano, non sono in grado di mantenere un equilibrio costante e radicato, e possono diventare covi di rabbia, di risentimento, di disarmonia, se non di completo distaccamento dalla realtà e dal buon senso.

Nell’ultimo periodo ho osservato tanto. Anche se non sono stata capace di distaccarmi dal nervosismo provocato da certe realtà di questo tipo, ho guardato a lungo ciò che mi circondava. Raramente ho riconosciuto saggezza, pazienza, capacità di guardare la trama e non solo il proprio piccolo filo. Certo, non sono nessuno per poter dire di riconoscere la vera saggezza, ma seguo il mio istinto, e anche se non considero troppo le realtà degli altri, considero molto la realtà armonica che prescinde dagli altri, e vedo il modo in cui immancabilmente quasi tutti si pongono in contrasto e in attrito con essa.
Nella mia visione, molti di questi cerchi che imitano l’antico senza però poterlo incarnare, sono ad oggi la sua negazione, e coloro che se ne sono rese conto, me compresa, non possono fare altro che abbandonarli.
Allora è la singola donna ad alzarsi in piedi, ad allontanarsi, e a riformare la propria armonia altrove.

In questi luoghi di solitaria armonia ritrovata, lontani dal caotico vociare di cerchi ormai lontani e incapaci di portare un raggio di calma saggezza che squarci e guarisca il buio che stiamo vivendo, è possibile respirare di nuovo. Respirare di nuovo, liberamente.
E attecchire alla terra.
E spingere le proprie radici in profondità.
E ascoltare, nel silenzio, il battito del proprio cuore. E calmarlo, riequilibrarlo, risintonizzarlo con quello della terra.
E ritrovare l’equilibrio, la presenza, la gioia interiore.
E rigermogliare, distendere petali e foglie alla pioggia e al sole.
E ricominciare a partorire i propri frutti.
E nutrirsene, e offrirli alle poche e ai pochi che, seguendo la stessa necessità, si sono allontanati per riformare la propria armonia altrove.
E gioire, creare magia, diffondere bellezza.
E offrire Amore alla Grande Madre e alle sue buone e belle creature naturali, sapendo che Lei saprà accoglierlo, e ricrearlo da se stessa, nelle sue infinite e perfette forme.
Illustrazione di Yelena Bryksenkova

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