Di cosa mi sono innamorata oggi?
Di una parola e di una pietra. La parola è dendrite, con tutto ciò che significa e rappresenta.
Dendrite deriva dal greco dendron, ovvero “albero”, e richiama la struttura ramificata, o a forma di radici e fogliame, in particolare di felce, che assumono certe sostanze minerali durante il processo di formazione del cristallo. Queste strutture si generano in situazioni di “disequilibrio”, se il raffreddamento del magma avviene molto in fretta, o se nella materia sono presenti soluzioni troppo sature, o per altri motivi che non conosco – e probabilmente nemmeno capisco.
Però ecco che succede, in una situazione di disequilibrio o di cambiamento “traumatico”, la materia si fa dendrite, e getta i suoi rami ovunque riesca ad arrivare.
Nella difficoltà più estrema, lei si ramifica, germoglia, si sviluppa, corre, si espande… e si fa simile agli alberi.
Per questo le pietre dendritiche sono così belle e sacre. Insegnano a fare lo stesso.
La pietra di cui mi sono innamorata, infatti, è l’agata dendritica, l’agata che ha ramificato, e che nel cambiamento repentino si è sviluppata ed evoluta in modi altrimenti inaccessibili.
Non è l’unico insegnamento di questo tipo che offre madre natura. Questa magia estrema e potentissima succede innumerevoli volte e in innumerevoli modi.
Oggi l’ho trovata qui, fra una parola e una pietra.
Le ho sposate entrambe.
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