In alto la luna dal bagliore tenue, attorno, la nebbia dalle dita bianche e umide.
Il velo è qui, davanti ai miei occhi, e la luna lo protegge.
Lo è sempre, qui, in questo periodo dell’anno, come lo è sempre stato anche tradizionalmente, soprattutto nelle nostre alpi, poiché i popoli antichi riconoscevano la sua presenza e sapevano che è nel tempo della nebbia e delle tele di ragno che anche il velo che separa il reame degli spiriti da quello dei vivi è più flebile e sottile. Il tempo in cui sorge la bruma dalla terra umida, velando la vista e i sensi, e le ragnatele volano lente nell’aria perlacea, posandosi come candidi veli fra i rami e sulle campagne deserte.
Qualcuna si chiede se questo velo sia mai esistito agli occhi dei popoli antichi europei. Se non siamo noi ad esserci ingannate, se questa immagine risuoni veramente con il nostro sentire, o se, piuttosto, non sia qualcosa che abbiamo imparato a ripetere a memoria.
Io dico di sì, è vera ai miei occhi e mi risuona a tal punto da farmi credere di averlo percepito forte, anni fa, e di percepirlo anche adesso. Mi risuona così tanto da volerne persino vedere il riflesso in tutti i veli che in questa stagione la natura stende tutt’intorno.
La nebbia, le tele di ragno, la bruma che attutisce e nasconde per poi far ricomparire. Veli, veli ovunque. Ogni cosa è velata, ogni cosa è nascosta eppure presente, non si vede eppure è lì. Talvolta la si può toccare, talaltra quando allunghiamo le dita, è già svanita.
Perché mai dovrei chiedermi se il velo esiste veramente oppure no? Se sia mai esistito per i popoli antichi oppure se sia un’invenzione recente? Perché dovrei pormi l’ennesimo dubbio su una delle cose che più amo, e più sento? Perché disincantare ogni cosa, anche quelle che la natura ci pone davanti agli occhi con una intensità tale da rendersi manifesta e tangibile per noi tutte?
Ognuna è libera di privarsi anche di questa piccola magia quotidiana. Io non lo farò, non questa volta. Il velo che si assottiglia durante la discesa verso la grotta dell’inverno è un’immagine, un simbolo e una percezione sottopelle che amo profondamente, e a cui io non ho intenzione di rinunciare.
E non importa quale sia la mia concezione del mondo, se il velo possa rientrarvi o meno. Se in fondo in fondo ci creda veramente oppure no. Qualche cosa, ogni tanto, può fare a meno dello studio, della documentazione, della analisi critica, della razionalità.
Io voglio continuare a crederci e basta.
Lo prometto, alla luna che protegge,
e alla nebbia, che ora si è fatta più fitta e impenetrabile.
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