Eppure quel tempo ora sembra lontano, irraggiungibile, forse è svanito.
Quella gioia adesso, se voglio sentirla di nuovo, devo custodirla nel mio intimo, mantenendo le tradizioni in silenzio, talvolta senza fare nulla, se non viverle dentro di me, talaltra vivendole con poche, pochissime amate compagne di via, a cui sono sinceramente affezionata da tanti anni. Le uniche che parlano la mia stessa lingua e con le quali non c’è bisogno di spiegare, perché sanno – e sentono – tutto ciò che c’è da sapere – e sentire.
Mi manca, condividere. Ma non è questo il tempo, e non avrebbe senso farlo. Perché dove c’è troppo, l’unica cosa sensata da fare è togliere qualcosa. Dove migliaia di voci si sovrappongono e confondono, l’unica cosa sensata da fare è tacere.
O parlare sottovoce, in luoghi separati, intimi, segreti. Così che solo poche possano sentire.
E fra loro, condividere ancora. In modi diversi, più veri.
Lasciando il passo,
cambiando strada,
restando nascoste.
Dando, o restituendo, alle stesse parole che usano tutti, un senso differente, più antico e intatto. Quel senso che, dopotutto e per fortuna, non interessa più a nessuno.
Ma che, nonostante tutto, è ancora vivo, acceso, luminoso. Ed è magia.
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