Mi è davvero difficile, più di quanto forse sia per altre. Eppure io sono io, altre sono altre, e nessuna può comprendere cosa sia vivere nella mia pelle e vedere con i miei occhi, se non prova a comprendere dall’interno.
Fare spazio, lasciar entrare, ammettere presenze – talvolta non invitate. Fare spazio, anche dove preferisco che non entri nessuno. Mi è quasi impossibile, ma quando non posso evitarlo so di essere io ad avere il compito di mettermi nella condizione di imparare. E sacrificare, a volte. Eppure ho bisogno che certi spazi, sacri, intimi e oltremodo fragili, restino inviolati. Ho bisogno di percorrerli in solitudine, di sapere che solo io ne posseggo la chiave, per ritrovarli sempre uguali, e dentro la loro quiete immutabile ritrovarmi, riconoscermi, e rinascere.
Agire come se nulla mai mi appartenesse. È ciò che sanno fare gli illuminati, e io non sono una illuminata. Sono umana, e nel mio percorso sono sola. Sono sempre stata sola – soprattutto quando credevo di non esserlo – non riconosco alcuna maestra, pertanto non ho qualcuno da cui imparare. Non ho altri che me stessa, e spesso perdo la rotta.
A volte capita che un’ispirazione mi chiami e mi illumini così tanto da farmi credere, per qualche attimo, di essere guidata. Un simbolo, una immagine, un brillio, qualcosa che voglio credere, forse ingannandomi, che sia lì per me, solo per me, perché sono sola, disorientata, e ho così bisogno di credere che sia per me, che brilli per me, che possa nutrirmi e guidarmi e condurmi nel luogo in cui quel brillare non si esaurisce, da non poter ammettere che diventi anche di qualcun’altra.
Quando quell’ispirazione arriva, vivo momenti di gioia e di timida ma speranzosa fiducia, ma basta un soffio di vento, o una intrusione inaspettata, perché l’incanto si spezzi. Allora resto di nuovo sola, al buio – nessuna stella brilla più per me.
Non era per me, mi dico, mi sono sbagliata. O forse lo è stata, per un attimo, ma ora non lo è già più. Non ho fatto in tempo a nutrirmi, è già tutto finito. E sono di nuovo sola.
Non riesco a condividere ciò che ho bisogno che sia solo per me. Non ne sono capace. Ho bisogno che qualcosa mi appartenga, ho bisogno di riconoscermi in un riflesso, di intravedere un brillio, e trovare la rotta. La mia, quella che è lì per me, solo per me.
Forse ci sarà un giorno in cui potrò fare spazio, lasciar andare, agire come se nulla mai mi appartenesse. Ma quel giorno non è adesso.
Adesso muovo un passo avanti all’altro, senza vedere dove sto andando.
E offro un pezzo di cuore a chi può mostrarmi di nuovo la mia luce.
Sempre che, almeno quella, sia davvero – un poco – mia.
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