Parte IV - Sacerdotesse e Donne-Dee
Per tanto tempo ho creduto che fossero la stessa cosa, ma mi sbagliavo. Solo a volte hanno coinciso – e forse coincidono ancora – quando le sacerdotesse, quelle più antiche, erano anche donne-dee; ma spesso le sacerdotesse nella storia più recente sono state semplicemente donne che si sono poste al servizio di una divinità, che hanno svolto riti e cerimonie precostituite, che hanno mantenuto il tempio e il fuoco sacro, ma che non hanno tuttavia realizzato il risveglio della divinità in se stesse.
Tutto questo è comunque estremamente bello, può essere ciò che si cerca – anche io, per molto tempo l’ho cercato – e può quindi essere abbastanza.
Per molte lo è.
Ma non per tutte.
Ed è giusto che coloro a cui questo non basta sappiano che c’è anche altro rispetto a ciò che viene costantemente proposto – o meglio, propinato. Perché esistono le sacerdotesse al servizio di una divinità, ma sono esistite – e forse qualcuna esiste ancora – anche quelle che la divinità l’hanno incarnata completamente, e che pertanto appartengono più alla sfera della leggenda e del mito che a quella della storia.
Sono le donne-dee, cariche di un potere naturale tanto inimmaginabile quanto reale.
Se penso a queste donne-dee, mi sorge il ricordo delle leggendarie sacerdotesse dell’Ile de Sein, che potevano calmare la tempesta col potere del loro canto, che potevano mutarsi in animali, e sapevano predire il futuro.
Penso alle misteriose Dakini, coloro che “si librano nell’aria”, ovvero sanno volare e sono piene di potere selvaggio e indomabile.
Penso alle donne-corvo di Avalon, che si mutavano in uccelli e volavano in tali forme ovunque volessero.
Leggende, favole, miti non credibili? Oppure racconti di potere?
Coloro che hanno realizzato la divinità dentro di sé, e che hanno acquisito la capacità di distaccarsi dal proprio corpo per “librarsi nell’aria”, mutando forma, imparando ad essere animale, foglia, fiore, ruscello, vento, montagna, e a spostarsi ovunque in un battito di ciglia, sono esistite, che ci si creda o no. E ogni tradizione più antica, in qualsivoglia parte del mondo, le descrive in modi simili, se non perfettamente coincidenti.
Ci credo davvero?
Sì, completamente.
Credo che uno stato d’essere simile sia scritto – e realizzabile in potenza – dentro di noi, se riusciamo a trovare le chiavi giuste per aprire quelle porte segrete oltre le quali tutto è possibile.
E credo anche che nel momento in cui si acquisisce la capacità di liberarsi della propria forma cristallizzata, per innalzarsi al di sopra di noi stesse/i e aprire gli occhi dell’anima davanti alla realtà rivelata – non quella personale, ma quella uguale per tutte/i che esiste al di là delle personali preferenze – ecco che si vede veramente, si torna nel Grembo della Madre, e si realizza, ricordandola, la condizione divina.
Dopo questa fortunata e sublime esperienza, si può discendere nuovamente ad abitare il proprio corpo mortale, si può parlare con la voce della Grande Madre.
La sua voce che emana verità luminosa, parola ispirata, e guarisce.
Allora si è realmente donne-dee, e ogni cosa è possibile.
Per questo c’è differenza fra sacerdotesse al servizio di una dea, e donne-dee che la divinità la realizzano in terra. E se personalmente credo in entrambe, sono le seconde che ho sempre cercato, ed è verso il loro stato d’essere che cammino, per quanto sappia che probabilmente non mi sarà possibile raggiungerlo.
Perché il solo fatto di sapere che esiste, e che quella è la mia vera direzione, dà un senso alla mia vita.
Ci credo davvero?
Sì, con tutta me stessa.
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