sabato 22 maggio 2021

Santa Ildegarda, la Viriditas e l'Alchimia verde

Le mie letture
I rimedi di Santa Ildegarda
La viriditas e l’alchimia verde


Uno dei concetti cari a Ildegarda di Bingen è quello della viriditas, la “viridità”, quell’energia naturale, verde, che abita il corpo. È un concetto che mi ricorda moltissimo il significato etimologico della parola “vergine” e ciò che le vergini, intese in senso antico, rappresentavano: donne perennemente fanciulle perché perennemente verdeggianti, cariche di emanazione naturale, dunque verde, ricche di rigoglio, di gioia, di pienezza. Ricche di nume.
Riporto a tal proposito questo brano splendido scritto da un sacerdote – ebbene sì – che ha colto profondamente il messaggio della santa, sviluppandolo in un modo bellissimo.

“Un concetto fondamentale, e difficilmente traducibile nei testi di medicina naturale ildegardiana, è quello di viriditas. Con questa espressione si indica la forza vitale, la viridità, la capacità di generare e il “verdeggiare”. Nei manoscritti originali si possono rintracciare numerosi termini etimologicamente simili: vir, vires, virilis, viridis. È da notare che la parola “virile”, che indica una qualità maschile, ha la stessa radice della parola “verde” che indica anche il fiorire e “avere vigore”. La forza vitale esprime un significato che ha origine dai processi vegetativi, essa è l’impulso di tutto ciò che è vita e che risiede in ogni creatura vivente. Per il loro espandersi verso il basso attraverso le radici e verso l’alto attraverso i rami, le piante ne sono l’emblema. Così come nella materia la viriditas corrisponde all’umidità/fecondità, allo stesso modo nello spirito essa corrisponde all’anima (…).
Quando l’essere umano è affetto da malattia, la viriditas si “abbassa”, cioè la sua forza vitale diminuisce. Per i problemi agli occhi Ildegarda consiglia di andare a fare delle passeggiate e osservare il verde della natura affinché gli occhi possano fortificarsi: “Se l’acqua e il sangue diminuiscono negli occhi di un essere umano, a causa dell’età avanzata o di qualche malattia, questi deve andare a passeggio per prati e osservare a lungo l’erba verde finché i suoi occhi si umidifichino, come se versassero lacrime, perché il verde dell’erba elimina quanto è torbido negli occhi e li rende puri e chiari”.
Possiamo riscontrare anche nei testi alchemici l’appartenenza del colore verde all’anima vegetale e minerale. Nell’antica medicina alchemica mediterranea, legata al culto degli alberi sacri e alle divinità vegetali, il colore verde era simbolo di energia e di salute dotato di un potere trasmutativo. L’essere umano può attingere a questa immensa riserva energetica del potere verde attraverso un contatto terapeutico con la natura che gli restituisce quell’armonia perduta dallo squilibrio dei quattro elementi.”

Testo di Don Marcello Stanzione, tratto da I rimedi di Santa Ildegarda, pagg. 110-111.

***

Per me, questa è bellezza e verità allo stato puro.
Fotografia di autrice o autore sconosciuta/o, raccolta da Pinterest

Santa Ildegarda e la Responsabilità

Le mie letture
I rimedi di Santa Ildegarda
Il concetto di responsabilità


Scrive Ildegarda: “[Le pietre] Possono essere meravigliosi amici, strumenti di guarigione del corpo e dello spirito a condizione che chi le utilizza non deleghi loro la responsabilità del proprio benessere.”
(…)
Responsabilità è “abilità di rispondere” a un’esistenza in continuo divenire, al movimento continuo, e non di rado imprevedibile, della vita con tutti i suoi eventi; chi è responsabile è nel potere del qui e ora e ha già stabilito il legame di appartenenza con le conseguenze delle sue azioni, che gli garantirà per sempre di continuare a trasformarsi e migliorare.
La Responsabilità è libertà perché quando, ancora prima della propria scelta, prima ancora della propria azione, si è già pronti a “possedere” le conseguenze che saranno, allora si è liberi e si risponde solamente a se stessi davanti a Dio e all’Universo.”

Testo di AlbaSali, tratto da I rimedi di Santa Ildegarda, pagg. 30, 32.

Uno dei molti brani che mi sono piaciuti di più di questo bel libro sulle pietre nella medicina ildegardiana.
Illustrazione di Nino Chakvetadze

venerdì 21 maggio 2021

Scegliere le proprie Battaglie

Ognuna e ognuno ha le proprie battaglie. Le si sceglie oppure, a volte ci si trova in mezzo e le si combatte senza rendersi conto che non sono proprie.
Negli ultimi anni ho riflettuto tanto sulla scelta consapevole delle proprie battaglie. Troppe volte mi sono trovata a combattere senza che vi fosse un vero motivo che mi portasse a sostenere il combattimento. Spesso si trattava solo di contrattacchi generati da attacchi personali, dolorosi, immotivati, che in certi casi hanno lasciato cicatrici senza che io avessi fatto nulla per scatenarli.
Ma da qualche tempo cerco di essere più accorta, cerco di non imbracciare le mie armi – il linguaggio, la ribellione, l’insistenza su ciò che ritengo giusto, l’espressione del disaccordo più o meno decisa, se possibile senza arrivare a scontri violenti – se non sono assolutamente certa che quella battaglia voglio combatterla davvero.
Ci si fa male a lottare, perché spesso chi sta dall’altra parte non mostra la stessa lealtà e la stessa onestà che abbiamo noi. A volte ci si fraintende, si interpreta male, e ciò che ne consegue non porta mai a nulla di buono.
In ogni caso, giorno dopo giorno cerco di affinare questa scelta consapevole di quando e per cosa valga la pena di combattere. La stessa scelta consapevole che porta a capire quando non valga la pena di toccare arma o quando sia il caso di abbandonare immediatamente il combattimento senza voltarsi indietro, in piena libertà, dal momento che le energie sono preziose, e non tutte le questioni o le persone le meritano.
Quello che ho capito è che non devo sentirmi vigliacca se non accetto la sfida.
Che non devo sentirmi debole se interrompo lo scontro, in qualsiasi momento lo ritenga opportuno.
Che non è necessario aspettare il contrattacco, si può abbandonare il campo liberamente, lasciando che chi vi rimane nel mezzo continui a combattere da sola/o.
A volte è molto più difficile mollare la presa, piuttosto che continuare a trattenerla facendosi del male. Ma lasciandola andare se ne trae beneficio.
La scelta è proprio lì, ed è sempre disponibile, in qualsiasi momento e in qualsiasi situazione.
Basta solo compierla senza voltarsi indietro.

lunedì 10 maggio 2021

Onore alla Luna Nera

Arriva la luna nera e rivela ciò che era nascosto dalla luce.
Rivela, e permette di prendere coscienza.
Nel suo buio le debolezze si trasformano in forza,
e le ferite, in cicatrici di saggezza
.

Per questo novilunio scelgo la compagnia di un olio essenziale di chiodi di garofano insieme a uno di cannella.
Il primo è ricavato dai frutti e per analogia aiuta a fiorire, a mostrarsi, a rivelarsi al mondo senza timidezza, senza paura, senza temere di non piacere, e quindi a portare il proprio profumo – la propria voce – ad arricchire tutto ciò che si ha attorno;
il secondo è ricavato dal legno, dal fusto e dai ramoscelli, ed è quindi rafforzante: dona stabilità, forza, resistenza, protezione, ma anche estensione verso il cielo.
Entrambi, caldi e avvolgenti, con le loro note basse, raggiungono la profondità, comunicano con essa, e le donano calore e sicurezza, facendo sentire a casa.
Aggiungo qualche goccia di arancio dolce, per raddolcire e vitalizzare, portando gioia, leggerezza e spinta verso l’alto.

La pietra che tengo accanto a me è l’hiperstene, che apparentemente nera e buia, in realtà al suo interno riflette luce bianca. Perché, si sa, è proprio quando tutt’intorno è buio, che la luce interiore brilla più forte.

Che la nuova luna porti a ognuna/o ciò che realmente desidera.
Illustrazione di Diana Renjina

Che pensino pure male di me

Riflettevo su quante volte nella mia vita, dopo aver espresso una discordanza, una protesta, o dopo aver combattuto per sostenere una mia posizione, ho finito per tirarmi indietro e scusarmi, anche se sapevo di non avere colpa o anche quando sentivo, o sapevo, di avere ragione.
Mi tenevo l’arrabbiatura, la sfogavo da sola, ma era troppo importante, per me, mantenere i buoni rapporti, o meglio, far sì che gli altri continuassero ad avere una buona idea di me.
Il fatto che potessero pensare male di me, con tutto ciò che di bello cercavo di dare, mi tramortiva.
Così, anche se raramente ho risparmiato di dire ciò che pensavo, l’atteggiamento che assumevo subito dopo era remissivo e volto a ristabilire un buon rapporto apparente che, tuttavia, non mi faceva onore, e non era nemmeno sincero.
Così non pensa male di me, non lo sopporterei, pensavo.
Ma qualcosa dentro di me si rivoltava e scuoteva la testa.
Comportarmi così serviva a mantenere la pace, e questo mi faceva stare abbastanza bene, perché – e questo succede tutt’ora – non sopporto di avere questioni spiacevoli o in sospeso con qualcuno. Ma non era giusto.
Nell’ultimo periodo però mi sono trovata davanti a una situazione nella quale scusarmi come al solito per mantenere un buon rapporto, mi era impossibile. Ci ho provato, inizialmente, ma la questione per me del tutto irrisolta è tornata a investirmi come un’onda più violenta di prima, e ho dovuto riversarla fuori.
Naturalmente sono stata malamente scaricata.
Al di là del fatto – e sono assolutamente sincera – che perdere chi non mi ha mai trasmesso alcuna armonia né piacevolezza non è per me una perdita, ma al massimo è un dono, ho dovuto fare i conti con me stessa e decidere, finalmente, che era arrivato il momento di accettare l’inaccettabile.
Che pensassero male di me, e senza che io facessi più nulla per evitarlo.

Che pensino pure male di me, perché non sono sempre gentile e amichevole.
Che pensino male di me, che mantengo la mia posizione quando sento di avere ragione.
Che pensino male di me, per quelle poche volte in cui sbotto, a confronto delle milioni di volte in cui cerco di creare ed esprimere bellezza.
Che pensino male di me, perché dico quello che penso anche quando non piace.
Che pensino male di me, perché abbraccio anche la rabbia, la ribellione, il disgusto, lo sconforto, l’insofferenza.
Che pensino male di me, perché posso essere violenta, negli atti e nelle parole.
Che pensino male di me, perché a volte sono cattiva e impietosa.
Che pensino male di me, perché nonostante cerchi costantemente e con tutto il cuore l’armonia e la luce, sono fatta anche di penombre, e buio, e caos.
Che pensino male di me, perché sono ciò che sono, e per esserlo non chiederò più scusa.

Mi ripeto questa frase come un mantra, che se da una parte mi ferisce profondamente, dall’altra mi libera.
Mi libera dai lacci e dai bavagli che mi sono stretta da sola per evitare che qualcuno potesse pensare male di me.
Mi libera dalle aspettative che le altre e gli altri hanno di me.
Mi libera soprattutto di chi è giusto che esca dalla mia vita.
E di questo ringrazio.

Che pensino pure male di me, dunque,
perché così sono libera di essere ciò che sono.

Illustrazione di Drizzledust