Mi tenevo l’arrabbiatura, la sfogavo da sola, ma era troppo importante, per me, mantenere i buoni rapporti, o meglio, far sì che gli altri continuassero ad avere una buona idea di me.
Il fatto che potessero pensare male di me, con tutto ciò che di bello cercavo di dare, mi tramortiva.
Così, anche se raramente ho risparmiato di dire ciò che pensavo, l’atteggiamento che assumevo subito dopo era remissivo e volto a ristabilire un buon rapporto apparente che, tuttavia, non mi faceva onore, e non era nemmeno sincero.
Così non pensa male di me, non lo sopporterei, pensavo.
Ma qualcosa dentro di me si rivoltava e scuoteva la testa.
Comportarmi così serviva a mantenere la pace, e questo mi faceva stare abbastanza bene, perché – e questo succede tutt’ora – non sopporto di avere questioni spiacevoli o in sospeso con qualcuno. Ma non era giusto.
Nell’ultimo periodo però mi sono trovata davanti a una situazione nella quale scusarmi come al solito per mantenere un buon rapporto, mi era impossibile. Ci ho provato, inizialmente, ma la questione per me del tutto irrisolta è tornata a investirmi come un’onda più violenta di prima, e ho dovuto riversarla fuori.
Naturalmente sono stata malamente scaricata.
Al di là del fatto – e sono assolutamente sincera – che perdere chi non mi ha mai trasmesso alcuna armonia né piacevolezza non è per me una perdita, ma al massimo è un dono, ho dovuto fare i conti con me stessa e decidere, finalmente, che era arrivato il momento di accettare l’inaccettabile.
Che pensassero male di me, e senza che io facessi più nulla per evitarlo.
Che pensino pure male di me, perché non sono sempre gentile e amichevole.
Che pensino male di me, che mantengo la mia posizione quando sento di avere ragione.
Che pensino male di me, per quelle poche volte in cui sbotto, a confronto delle milioni di volte in cui cerco di creare ed esprimere bellezza.
Che pensino male di me, perché dico quello che penso anche quando non piace.
Che pensino male di me, perché abbraccio anche la rabbia, la ribellione, il disgusto, lo sconforto, l’insofferenza.
Che pensino male di me, perché posso essere violenta, negli atti e nelle parole.
Che pensino male di me, perché a volte sono cattiva e impietosa.
Che pensino male di me, perché nonostante cerchi costantemente e con tutto il cuore l’armonia e la luce, sono fatta anche di penombre, e buio, e caos.
Che pensino male di me, perché sono ciò che sono, e per esserlo non chiederò più scusa.
Mi ripeto questa frase come un mantra, che se da una parte mi ferisce profondamente, dall’altra mi libera.
Mi libera dai lacci e dai bavagli che mi sono stretta da sola per evitare che qualcuno potesse pensare male di me.
Mi libera dalle aspettative che le altre e gli altri hanno di me.
Mi libera soprattutto di chi è giusto che esca dalla mia vita.
E di questo ringrazio.
Che pensino pure male di me, dunque,
perché così sono libera di essere ciò che sono.
Nessun commento:
Posta un commento
Lasciami un pensiero
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.