La figlia dell’eretica
“M’inginocchiai e appoggiai l’orecchio al tumulo, ascoltando l’assestarsi dei sassi.
Ricordai di essermi chiesta, molto tempo prima, quale musica si sarebbe liberata dalle ossa di mia madre. Una volta mi ero immaginata il loro canto come l’infrangersi delle onde, perché sapevo che anche la fragile conchiglia dell’oceano si porta dentro il suono incalzante della risacca. Quello che sentii era invece un fruscio leggero, una sorta di fischio sommesso. Il rumore della viola quando sbuca attraverso le prime gelate dell’inverno.”
Kathleen Kent, La figlia dell’eretica, pag. 313.
La bellezza di questo libro è talmente grande che non ho le parole per descriverla. Un libro al contempo terribile, doloroso, poetico e bellissimo. Mi ci sono avvinghiata dopo le prime pagine come l’edera al tronco della betulla, ho faticato a chiuderlo, a lasciarlo riposare quando avevo bisogno di respirare, e ora che ho voltato l’ultima pagina, sono profondamente commossa. Mi è rimasto sotto la pelle.
La figlia dell’eretica è Sarah Carrier, sua madre è Martha Carrier, una delle donne arrestate ad Andover e impiccate a Salem nell’agosto del 1692. La storia è narrata con la sua voce, quando, ormai vecchia, decide di lasciare le sue memorie in eredità alla nipote e a coloro che verranno.
L’autrice del libro, davanti alla quale mi inchino per la bravura inarrivabile, è una diretta discendente di Martha, e il lavoro che ha fatto è davvero importante.
Consiglio caldamente questa lettura, è dolorosa, non può essere altrimenti, ma di una bellezza rara che merita di essere conosciuta.
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