Il tempo del raccolto rivela, ad ogni ciclo, la natura della propria semina e della propria coltivazione. Ciò che si semina si raccoglie, ma non è detto che si raccolga tutto ciò che si ha seminato.
Quante volte il seme, non attecchendo alla terra, non germoglia?
Eppure è altrettanto vero che potrebbe germogliare in qualsiasi momento, inaspettatamente, perché non esiste un tempo prestabilito perché i semi mettano radici; è il seme che sa quando è il momento giusto per risvegliarsi e prendere vita.
I frutti che maturano nella propria vita nascono sempre dalle intenzioni, dal comportamento e dai sogni seminati in precedenza, e possono portare dolcezza, nutrimento, ebbrezza e quindi gioia e abbondanza, oppure asprezza, insoddisfazione e fame, quando non si tratta di frutti del tutto marcescenti. Ad ogni ciclo scopriamo pertanto i frutti buoni e quelli cattivi, quelli acerbi, non ancora pronti ad essere colti, e quelli che non sono nati, poiché i semi sono rimasti dormienti e il loro tempo non è ancora giunto.
Ognuno di questi frutti è ugualmente importante, perché reca in sé un insegnamento da scoprire e integrare, ma soprattutto, rivela la strada da percorrere. Quella che ci appartiene veramente.
Perché sono i frutti commestibili, quelli più succosi, dolci, e ricchi di nuovi semi, a determinare la natura della semina successiva, ovvero la strada giusta e adatta a noi.
I frutti buoni sono il destino che abbiamo coltivato e che ha risposto alla nostra cura.
È inutile cercare di percorrere la strada rappresentata dai frutti marci: porterebbe solo insoddisfazione, malessere e fame.
È inutile percorrere la strada rappresentata dai frutti acerbi: non è ancora pronta per essere camminata, perché richiede ancora cura e pazienza.
Ed è ancora più inutile percorrere la strada rappresentata dai frutti non nati: non è accessibile, anche se potrebbe diventarlo in futuro.
Accanto ai frutti e alla strada che suggeriscono di percorrere, uno strumento sacro del raccolto è la falce. La falce taglia, miete il grano, l’avena, l’orzo, il riso e tutti gli altri cereali.
Ma la falce miete anche ciò che rischia di soffocare le coltivazioni, o quei rami che, ormai privi di vita, appesantiscono l’albero e non gli permettono di fruttificare al massimo del suo potenziale creativo.
La falce è ciò che occorre utilizzare per liberare la propria coltivazione da ciò che non la fa crescere forte e libera.
Ben affilata, lucida e tagliente, è ciò che serve per porre fine a ciò che porta solo disarmonia, malessere ed esasperazione.
Il suo taglio è netto e preciso, infallibile, e anche se talvolta usarla può essere doloroso, la sua azione è necessaria e irrinunciabile.
Perché il raccolto è morte e vita, e ogni suo aspetto è indispensabile.
Benedetto sia il frutto, e benedetta sia la falce.
E che il destino tracciato dal raccolto sia luminoso e ricco di abbondanza.
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