La sua compagna, Nekhbet, dea protettrice della città di Nekheb – il suo nome significa “di Nekheb”, o “proveniente da Nekheb” – compare spesso nella forma di avvoltoio bianco, ma in certe raffigurazioni assume anch’essa la forma di un cobra, simile e speculare a quello di Wadjet. Nekhbet è dunque la dea avvoltoio o cobra, e rappresenta e custodisce l’Alto Egitto. La sua corona è bianca, simbolo dell’Alto Egitto, e lei era anche chiamata “la Bianca”.
Le Due Dame, la Verde e la Bianca, le due dee cobra, incoronavano il faraone e gli conferivano il diritto di regnare sull’Alto e Basso Egitto, di cui erano protettrici e incarnazioni, posando sulla sua fronte le due corone unite, una nell’altra.
Si deduce che il re potesse regnare solo grazie alla sovranità che il sacro femminile, in forma di serpente – e di uccello – gli concedeva. L’ureo, l’ornamento a forma di cobra che era posto sul copricapo regale egizio, all’altezza della fronte, era sacro a Wadjet e alla grande madre Hathor, ed era simbolo della forza e del potere che il re o la regina rappresentavano per l’Egitto e per il popolo.
Una terza divina serpentessa, misteriosa e bellissima, era Mertseger o Meretseger, dea locale che proteggeva la necropoli di Tebe e compariva come un cobra, come una donna dalla testa di cobra o come un cobra dalla testa di donna. Alcune volte era raffigurata armata di due coltelli. Il suo nome, composto da meret, “amata” o “colei che ama”, e seger, “silenzio”, significa Colei che Ama il Silenzio.
In quanto guardiana e protettrice della necropoli, si potrebbe ipotizzare che fosse amante del silenzio tombale, del silenzio nel quale giacciono i morti che stanno compiendo il sacro processo di rigenerazione. Con la dea Hathor Mertseger condivideva l’epiteto di Signora dell’Occidente, ovvero di Signora della necropoli e Signora dei morti.
Si credeva incarnasse la collina sovrastante la Valle dei Re, la Ta-Dehent – traducibile con “la Cima”, oggi chiamata el-Qurn, “il Corno” – e che abitasse nella profondità della sua terra, dalla base alla cima. In questo caso era chiamata Cima dell’Occidente, o la Signora della Cima.
Era madrina degli artigiani e proteggeva le sepolture dai saccheggiatori, che già all’epoca predavano le tombe dei loro ricchi tesori. Con loro era feroce e spietata, la sua ira era devastatrice e implacabile, ma con i suoi protetti, che si comportavano correttamente e la onoravano, era benefica, generosa e compassionevole.
Guardiana dei tesori dunque – in modo simile ad altre serpentesse di diverse culture successive – terribile e vendicativa, ma al contempo materna e benevola, era talvolta assimilata o identificata con Hathor, madre di tutte le madri, come terra fertile, custode dell’altromondo, dea ctonia della montagna dal sinuoso corpo di serpe.
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Le notizie sono state raccolte prevalentemente in Ruth Shilling, The Tomb of Queen Nefertari, pagg. 62-65 e Mario Tosi, Dizionario enciclopedico delle divinità dell'antico Egitto.
Fotografie di autrici e/o autori sconosciute/i.
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