mercoledì 31 gennaio 2024

Di riguardo e accordanza

Un filamento luminoso – un raggio dorato forse – di ispirazione, sussurra al mio orecchio, e mi rincuora. Essere nel vero, o commettere uno sbaglio, fa parte del processo naturale della vita, della trasformazione, della crescita. È nel modo in cui si gestisce l’uno o l’altro che si rivela la propria indole più pura.
Avere riguardo e cura per il proprio agire, dentro e attorno. Essere attente a ferire il meno possibile, ed essere disposte a rimediare quando accade. Tenere in considerazione che qualcosa che a noi appare insignificante, per un’altra può essere fonte di dolore. Comprendere, ascoltare, trovare accordanza quando si crea una stonatura. Sono scelte di saggezza.
Accordanza, soprattutto, è una parola magica, e in quanto tale crea magia. Deriva dal latino cŏr, cŏrdis, ovvero “cuore”, e significa accostare un cuore a un altro cuore, essere cuore a cuore.
Quanta necessità di accordanza ha il mondo, nelle cose più piccole e in quelle più grandi. A cominciare dal piccolo, fino ad arrivare al grande.

Sento, e so, quanto c’è di vero in questo. Sento la magia della parola che agisce dentro e attorno a me. È viva, piena, emana e realizza il suo significato nel solo pronunciarla.
E so che è e sarà sempre la mia scelta, anche quando sarà più complicato metterla in pratica, e non sarà immediata la sua realizzazione.

Sì, le stelle lo sanno… sanno ogni cosa.
E sanno quanto valore abbia essere limpide e chiare e dirette, con se stesse e con le altre.
Proprio come lo sono loro.
Accordate,
seppur lontane,
nel loro perenne brillare.
Illustrazione di autrice o autore sconosciuta/o.

lunedì 29 gennaio 2024

Solo per me

Fare spazio, lasciar andare, agire come se nulla mai mi appartenesse.
Mi è davvero difficile, più di quanto forse sia per altre. Eppure io sono io, altre sono altre, e nessuna può comprendere cosa sia vivere nella mia pelle e vedere con i miei occhi, se non prova a comprendere dall’interno.
Fare spazio, lasciar entrare, ammettere presenze – talvolta non invitate. Fare spazio, anche dove preferisco che non entri nessuno. Mi è quasi impossibile, ma quando non posso evitarlo so di essere io ad avere il compito di mettermi nella condizione di imparare. E sacrificare, a volte. Eppure ho bisogno che certi spazi, sacri, intimi e oltremodo fragili, restino inviolati. Ho bisogno di percorrerli in solitudine, di sapere che solo io ne posseggo la chiave, per ritrovarli sempre uguali, e dentro la loro quiete immutabile ritrovarmi, riconoscermi, e rinascere.
Agire come se nulla mai mi appartenesse. È ciò che sanno fare gli illuminati, e io non sono una illuminata. Sono umana, e nel mio percorso sono sola. Sono sempre stata sola – soprattutto quando credevo di non esserlo – non riconosco alcuna maestra, pertanto non ho qualcuno da cui imparare. Non ho altri che me stessa, e spesso perdo la rotta.
A volte capita che un’ispirazione mi chiami e mi illumini così tanto da farmi credere, per qualche attimo, di essere guidata. Un simbolo, una immagine, un brillio, qualcosa che voglio credere, forse ingannandomi, che sia lì per me, solo per me, perché sono sola, disorientata, e ho così bisogno di credere che sia per me, che brilli per me, che possa nutrirmi e guidarmi e condurmi nel luogo in cui quel brillare non si esaurisce, da non poter ammettere che diventi anche di qualcun’altra.
Quando quell’ispirazione arriva, vivo momenti di gioia e di timida ma speranzosa fiducia, ma basta un soffio di vento, o una intrusione inaspettata, perché l’incanto si spezzi. Allora resto di nuovo sola, al buio – nessuna stella brilla più per me.
Non era per me, mi dico, mi sono sbagliata. O forse lo è stata, per un attimo, ma ora non lo è già più. Non ho fatto in tempo a nutrirmi, è già tutto finito. E sono di nuovo sola.
Non riesco a condividere ciò che ho bisogno che sia solo per me. Non ne sono capace. Ho bisogno che qualcosa mi appartenga, ho bisogno di riconoscermi in un riflesso, di intravedere un brillio, e trovare la rotta. La mia, quella che è lì per me, solo per me.
Forse ci sarà un giorno in cui potrò fare spazio, lasciar andare, agire come se nulla mai mi appartenesse. Ma quel giorno non è adesso.
Adesso muovo un passo avanti all’altro, senza vedere dove sto andando.
E offro un pezzo di cuore a chi può mostrarmi di nuovo la mia luce.
Sempre che, almeno quella, sia davvero – un poco – mia.
Fotografia di autrice o autore sconosciuta/o, raccolta da Pinterest.

lunedì 22 gennaio 2024

Guardare ma non toccare

Un buon proposito per questo nuovo anno, e per il tempo che verrà, è quello di essere più accorta rispetto a ciò che scelgo di condividere.
È una lezione che mi si è presentata tante volte, e che ogni volta non ho voluto imparare. Le ho sempre anteposto la gioia e il senso di compimento che mi dà scrivere di ciò che amo e diffonderlo, anche quando si tratta di progetti e ispirazioni nascenti, e questo purtroppo mi ha danneggiata più volte – anche solo psicologicamente – nel momento in cui suggestioni e appunti personali sono stati raccolti e fatti propri da altre persone.
Non voglio essere meno generosa, ma esserlo in modo più intelligente, più misurato, per proteggere soprattutto ciò che è in fase embrionale, e che è per me importante e al contempo delicato proprio in virtù del suo non avere ancora una forma. Una forma che vorrei essere io a dare, dal momento che si tratta di suggestioni nate dentro di me, e di cui prima nessuna/o, che io sappia, aveva parlato in determinati termini.
Sono felice quando sono di ispirazione per altre e altri, quando i miei scritti brillano anche per altre e altri, ma a volte sarebbe bello se qualcosa venisse semplicemente guardata ma non toccata, se mai solo sfiorata, con gentilezza, e lasciata dove è, così come è.

Guardare ma non toccare.
C’è bellezza in questa arte, che tuttavia non manca di nutrire, a proprio modo.
Fotografia di autrice o autore sconosciuta/o, raccolta da Pinterest.

venerdì 12 gennaio 2024

Le streghe sono stelle solitarie

Le streghe, come le sante, sono stelle solitarie che brillano di luce propria, non dipendono da nulla e da nessuno, perciò non hanno paura e possono lanciarsi alla cieca nell’abisso con la certezza che invece di schiantarsi, spiccheranno il volo.”

Isabel Allende
Illustrazione di Yelena Bryksenkova

giovedì 11 gennaio 2024

Seguire la stella

Oh notte, tu nera nutrice di stelle.”
Thomas Vaughan

Proprio un anno fa, in questi giorni, dopo il viaggio illuminante al Santuario della Madonna Nera di Oropa, mi rendevo conto di quanto il simbolo della stella brillasse nella mia vita, sin da bambina, di quanto lo sentissi parte di me, di quanto fosse vivo, e importante, e presente persino dove non lo avevo mai notato – l’ho visto, adesso, ed era sempre stato lì.
Proprio un anno fa, in questi giorni, ho cominciato a tessere e delineare la via della stella, solo per me per adesso, perché al momento è un percorso intimo e personale, e perché come ogni ispirazione non ancora partorita è troppo delicata per esporla troppo ad altre e altri.
Proprio un anno fa, in questi giorni, riflettendo sul cammino delle stelle dei pellegrini medievali, mi chiedevo come sarebbe stato per me un cammino delle stelle, e scrivevo queste parole:

(…) per diventare stelle, che brillano e guidano nel buio della notte.
Che brillano e guidano prima di tutto se stesse, per non perdersi più,
e ritrovare sempre la propria Casa
nella propria stessa luce
.”

Oggi ricordo ciò che un anno fa ho sentito, quanto mi avesse illuminata dentro, e lo riaffermo a me stessa.
Durante i mesi passati ho ritrovato sui miei passi dopo tanti anni la presenza della strega, e la vicinanza atavica fra la stella e la strega mi ha rivelato ciò che realmente stavo cercando, e che inconsapevolmente stavo già vivendo.
Non ha nessuna importanza – e non deve averne, per quanto difficile – quello che pensano e dicono altre persone, ciò che importa per me adesso è solo sentire l’ispirazione,
vedere la stella,
e seguirla.
Dove porterà, sarà dove dovrò essere.
Fotografia di autrice o autore sconosciuta/o.

sabato 6 gennaio 2024

Le Epifania, e la luce di Befania

Oggi vorrei ricordare la divinità di questo sacro giorno con un nome davvero speciale, tramandato dalla strega Bellezza Orsini a Fiano Romano nel 1528: Befania.
Questo infatti potrebbe essere considerato il giorno di Befania, maestra, regina delle streghe, spirito e divinità femminile.
E Befania, così come Befana, è la forma popolare e al contempo il nome proprio che nasce dalla parola Epifania.
Epifania, o Epiphania, dal tardo latino epiphanīa(m), a sua volta dal greco epipháneia, ovvero “apparizione”, “manifestazione [della divinità]”, in origine aggettivo neutro plurale che significava “[feste] dell’apparizione”, e proveniente dal verbo epiphànein, composto da epi, “dall’alto”, e phànein, “apparire, rendersi visibile”, quindi “apparire dall’alto”. (1)
Befania o Epifania, altro non è se non l’apparizione della divinità, la sua manifestazione, o meglio, è la divinità che appare dall’alto.

Nell’antica Grecia le Epiphàneia – dal plurale greco – erano celebrazioni dedicate a una particolare divinità, che durante i riti sacri si rendeva manifesta. Non si trattava di una esibizione pubblica e pomposa, “la manifestazione degli dèi, per quanto vibrante e sentita presente era segreta, intima. Le divinità si palesavano nel naos, il cuore segreto e inaccessibile del tempio.” (2)
Nella religione cristiana, che ha fatto propria questa celebrazione, l’epifania, l’abbagliante apparizione, è invece rappresentata dalla stella. La stella che dona la direzione e guida i tre Re Magi verso la grotta della natività.
Sotto il manto della leggenda cristiana, ciò che permane ancora è l’apparizione di una stella, che brilla così forte da raggiungere ogni angolo del mondo, e da essere ben visibile sia di notte che di giorno, perché brilla più del Sole.
Sotto questa luce, Befania, altro non è se non la stella.

In questo giorno in particolare, la nostra preziosa tradizione italiana vuole che la Befana dal doppio volto, ovvero ciò che è sopravvissuto dell’antica divinità del destino e della fortuna, appaia dinanzi alle sue figlie e ai suoi figli, e porti loro dei doni.
Carbone, cenere, fuliggine e nodi a coloro che hanno agito in modo negativo e hanno filato male il proprio filo. Dolci, luce, fili dorati e fortuna a coloro che hanno agito in modo positivo e hanno filato il proprio filo meglio che hanno potuto.
E ogni dono sarà sempre e solo ciò che ognuna e ognuno ha meritato, nel bene e nel male. Così deve essere, e così sempre sarà.

Io credo che chi cerca di filare al meglio il proprio destino, e mantiene accesa la fiamma dentro di sé, potrebbe persino incontrarla e vederla, Befania.
Forse come fugace bagliore intravisto con la coda dell’occhio,
forse come impronta lasciata nella cenere di un fuoco spento,
o forse come splendente stella, che brilla e che canta.
Nella vastità del cielo, e nel profondo del cuore.

***

Si dice che l’Epifania tutte le feste porti via.
Ma per certe donne che stanno imparando a vedere nel buio, e ad ascoltare la voce della notte, Befania resta sempre vicina.
La stella continua ad apparire, e a splendere. Di notte e di giorno, in ogni momento.
La sua calda luce non si spegne mai.
Illustrazione di Nadezdha Illarionova

Note:

1. Per l’etimologia di epifania vedi Ottorino Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, disponibile al sito www.etimo.it; Dizionario Garzanti Linguistica - https://www.garzantilinguistica.it/; Vocabolario Treccani - https://www.treccani.it/

2. Cfr. Giorgio Moretti, Epifania: il vero significato di un nome che è molto più di una data, Fanpage, 5 Gennaio 2018

mercoledì 3 gennaio 2024

Stare nella sospensione

Secondo la tradizione di diversi paesi europei, così come dei nostri territori alpini e padani, i dodici giorni di Natale sono governati dalla Signora della Filatura – colei che si cela dietro la figura della Befana – che durante questo tempo liminale visita le case e controlla che siano pulite e ordinate. Controlla anche che la donna che vi abita abbia filato per bene il proprio filo durante l’anno, distribuendo a ognuna ciò che realmente ha meritato. Se trova tutto pulito e ben filato, dispensa benedizione e fili dorati, se trova sporcizia e fili mal filati, ingarbuglia e insudicia le matasse e si allontana negando la sua benedizione, o maledicendo la casa e coloro che vi abitano.
Una sola era la regola. Durante questo periodo le filatrici dovevano riporre le loro conocchie, non toccare filo, far tacere l’arcolaio.
Non dovevano fare nulla, dovevano solo stare.
Calma, immobilità, silenzio, e un poco di leggerezza dopo tanto lavoro.
Erano – e sono ancora per chi lo crede – i giorni del sacro riposo, i giorni della sospensione. Sospensione di qualsiasi attività lavorativa, ma anche sospensione interiore, il restare sospese nell’ascolto e nell’attesa di ciò che sarebbe arrivato, di ciò che sarebbe potuto accadere.
Perché la Signora sarebbe giunta nottetempo, in segreto, e avrebbe scrutato e soppesato.
Scrutato e soppesato, il loro agire, il loro filare, il loro cuore.

Personalmente credo che, se si vuole seguire anche in minima parte la tradizione, dedicare questi giorni a tante, troppe attività non sia del tutto appropriato – e anche un pochino controproducente.
Riposare, muoversi con lentezza, rigenerarsi nella quiete,
stare nella sospensione,
permettersi di guarire,
dormire e sognare,
e soprattutto ascoltarsi,
e guardarsi dentro con occhi di brace
come la Signora insegna a fare alle sue figlie.
Questo, potrebbe essere non solo qualcosa di utile da fare per sé stesse/i, ma anche ciò che più onora lei,
Colei che giunge di notte con passo di stelle.

Per coloro che in lei credono ancora.
Illustrazione di Robin Elise Pieterse