“La regina fu sicuramente una figura influente anche nelle decisioni guerresche del marito e dei figli che diedero la vita uno dopo l’altro per la liberazione dell’Egitto [dagli Hyksos], infatti nella sua tomba (…) furono trovate fra le altre cose due pugnali, un’ascia cerimoniale e una collana con le mosche d’oro [tre] che rappresentavano un’onorificenza militare.”
Figlia di Ahhotep fu Ahmose Nefertari – da non confondersi con Nefertari [Meritmut] moglie di Ramesse II – che sposò proprio Ahmose suo fratello. Ahmose Nefertari “fu la prima regina a portare il titolo di “Divina Sposa di Amon” e di “Divina Cantatrice di Amon”, che poi spetterà ad altre mogli, madri e sorelle dei faraoni. La regina (…) ebbe la gestione di terreni, botteghe artigiane e tesori del tempio.”
Ma soprattutto, Ahmose Nefertari assunse il titolo di dea della resurrezione e dopo la morte di suo figlio Amenhotep I nacque un culto a lei dedicato. Venne rappresentata numerose volte in tombe e monumenti, e ritratta con la pelle nera, “colore associato alla fertilità della terra e quindi al suo ruolo di dea della resurrezione.” Uno dei suoi molti titoli, inoltre, fu “Signora del Cielo e dell’Occidente”, inteso come Signora del mondo oltre questo mondo, o dell’aldilà.
In tempi antichi poteva accadere che regine e donne di potere particolarmente amate assumessero durante la propria vita, o dopo la loro morte, il ruolo di dee. In loro onore nascevano culti, nei quali sacerdotesse e sacerdoti dedicavano loro il proprio servizio sacro.
Questo è ciò che accadde ad Ahmose Nefertari, la regina dea nera della resurrezione.
Le citazioni sono tratte da Massimiliana Pozzi Battaglia e Federica Scatena, Regine, dee e donne nell’antico Egitto, Antiqua Res di Effigi Edizioni, pagg. 27, 81-83, 85-86.
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