Traggo il brano dal mio articolo, con la citazione completa di Lucrezio, e la sua breve interpretazione:
“Era risaputo che i porci temono e fuggono la maggiorana, disturbati dal suo intenso e raffinato profumo, poiché lo percepiscono come un fetore insopportabile. Scriveva infatti Lucrezio nel suo De rerum natura: “Denique amaracinum fugitat sus et timet omne unguentum: nam saetigeris subus acre venenumst, quod nos interdum tamquam recreare videtur. At contra nobis caenum taeterrima cum sit spurcities, eadem subus haec iucunda videtur, insatiabiliter toti ut volvantur ibidem.” – “L’amaracino – la maggiorana – è evitato dal maiale, che teme gli unguenti tutti; e infatti ai setolosi maiali questo è acre veleno, ciò che noi, alle volte, sembra come chiamare alla vita. Al contrario, mentre il fango è per noi la più orrenda sporcizia, questo stesso appar bello ai maiali, così che si rigirano proprio lì, senza mai averne abbastanza.”
Il senso di questa differenziazione della natura, in origine priva di interpretazioni, ha suggerito metaforicamente che “coloro che trovano piacere nelle cose immonde, avvertono quelle belle, pure e oneste come insopportabili e nauseabonde” (*), e in tal senso la maggiorana è stata considerata la benefica pianta che respinge e dissipa volgarità, rozzezza e ignoranza col potere della bellezza.”
Al di là della simbologia della maggiorana in sé, questa simbologia è estremamente chiara e realistica, e in un certo senso anche rincuorante, perché dimostra che anche quando sembra di essere sconfitte, in realtà la bellezza, prima o poi, vince comunque.
Coloro che restano radicate nella bellezza – con le dovute scivolate sul fango degli altri, dato che non è semplice non cadere quando si è circondate di caotico lerciume – perché questa è la loro indole e la loro più alta aspirazione, non possono fare a meno di continuare a lottare, come combattenti bianche armate di bellezza.
E coloro che amano tanto la sporcizia, l’artificialità, la rozzezza, ovvero il fango – non inteso come terra feconda amata dai cari maiali, creature sacre della Madre, ma come lordura interiore – e fanno dell’ignoranza il proprio stendardo, continueranno comunque a cercarli, a crearli nella propria vita e in quella degli altri, e a sguazzarci dentro.
Eppure proprio attraverso il potere repellente, insopportabile, pestilenziale, che la vera bellezza ha su certe persone, queste verranno allontanate comunque, verranno demolite e sconfitte.
Anche laddove cercheranno di distruggere la bellezza con la violenza, anche laddove crederanno di esserci riuscite, non ci riusciranno. Perché la bellezza sopravvive comunque, e continuerà a nascere e crescere spontaneamente, come natura vuole.
L’essere umano guasto e il suo fango vivono con la data di scadenza stampata sulla fronte. Lui si crede grande e potente, ma è piccolo, povero e senza valore.
Invece, la bellezza è una verità adamantina e immortale.
E le combattenti bianche lo sanno. Per questo la scelgono sempre.
Lavano le loro ferite con il suo balsamo rigenerante.
Brandiscono la spada forgiata con i suoi luminosi metalli.
Scagliano affilate frecce che squarciano il buio.
La loro corazza è tessuta di lini sottili quanto impenetrabili.
E anche quando cadono, e soffrono, e muoiono, tornano sempre nel grembo della bellezza e in esso riposano, e rinascono. E tornano per combattere ancora.
Niente e nessuno potrà mai sconfiggerle.
* Cfr. Lucrezio, De rerum natura, Libro VI, 973-975; e Carlo Lapucci e Anna Maria Antoni, La simbologia delle piante, pagg. 251-252.
Brano tratto dal mio articolo Maggiorana, pubblicato il 7 Giugno 2020 su il Tempio della Ninfa.
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